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Cigarini, nuovo Ad di Fico: "Ecco la mia Disneyland del cibo italiano"

Cigarini, nuovo Ad di Fico: "Ecco la mia Disneyland del cibo italiano"

La Fabbrica italiana contadina di Bologna, Fico, cambia impostazione. Dopo il crollo delle visite passato l'effetto novità e con l'ingresso nella seconda estate di pandemia, la creatura di Farinetti, Segrè e mondo Coop, dismette la veste didattica per diventare vero parco tematico. Con il nuovo amministratore delegato Stefano Cigarini, patron di Cinecittà, Fico fa della cultura alimentare italiana un grande parco divertimenti con l'ambizione di diventare la Disneyland del cibo.

«A Fico abbiamo fatto un cambio di paradigma - spiega Cigarini - sia dal punto di vista della narrazione cibo che da quello delle persone che entrano per visitare il parco. Prima il parco era molto più tecnico, adesso invece si 'apre' al visitatore in maniera intuitiva, attraverso immagini e iconografie collettive, come l’installazione a forma di fetta di formaggio che si trova davanti al sito del Parmigiano Reggiano. Prima la fabbrica del Parmigiano veniva narrata attraverso modalità di linguaggio incomprensibili, poiché la filiera produttiva, esposta nelle parti meccaniche, risulta completamente muta all’orecchio di chi non è esperto del settore. Adesso invece i il visitatore arriva e si trova di fronte uno show multimediale che, spiegando i processi di produzione tramite video, utilizza un linguaggio universale che mette il grande pubblico nella condizione di capire. Finito lo show esce un operatore che mi accompagna nella visita del sito, ma a questo punto ho acquisito quegli strumenti di lettura che mi servono per comprendere quello che ho di fronte. La chiave del nuovo Fico è esattamente questa: fare cultura del cibo senza essere didattici, senza fare i professori».

Potrebbe essere questa la chiave o lo stimolo da cui partire per far apprezzare ai turisti tutte le tipicità della gastronomia italiana, al di là dei piatti simbolo del Bel Paese?

«Il mondo si è evoluto e i prodotti sono sempre più sofisticati così che possano soddisfare nicchie di pubblico sempre più strette. Faccio un esempio televisivo per essere più chiaro: i programmi di oggi riescono con difficoltà a riunire insieme davanti allo schermo un insieme più grande di 2-3 persone. Siamo partiti da questa premessa quando abbiamo ripensato Fico, il format doveva parlare a più livelli per funzionare. Dovevano esserci degli stimoli pensati per il bambino, visivi, tattili e olfattivi, delle esperienze pensate per l’adulto, che si ritrova a porzionare il salame e un patrimonio storico pensato per l’anziano, che qui assiste di nuovo a come si faceva il ragù una volta. Tutto questo costruisce un’esperienza complessiva ma che è comunitaria. La grande sfida è portare gruppi di pubblico eterogenei e dare a ognuno qualcosa pensato esattamente per quel target. Solo così si ottiene un pubblico variegato, poiché la serie di stimoli è allargata. Fico è l’unico grande parco a tema food al mondo al momento e questa unicità deriva dal fatto che l’Italia è fra paesi leader mondiali nel settore agroalimentare, una credibilità che è stata costruita in secoli di storia. Per questo sono convinto che un format come Fico se ha ragione di esistere in Italia, ha ancora più ragione di esistere all’estero. Fico ha una grande opportunità: diventare il primo parco cinque sensi al mondo. A Disneyland il palato o l’olfatto non vengono soddisfatti. Quando di entra nella giostra multimediale della terra e del fuoco di Fico invece, si può sentire l’odore del carbone o il profumo dell’olio appena spremuto. Questo tipo di esperienza sensoriale inconscia è quella che renderà liquido il target di Fico».

Quali sono le politiche che servirebbero per consolidare l'immagine del cibo italiano?

«Non ho consigli ma una riflessione: abbiamo il 60-70% del patrimonio architettonico e storico del mondo, siamo il Paese con più siti Unesco, ma parallellamente non abbiamo il 60-70% del turismo mondiale. Questo deriva dal fatto che non abbiamo saputo tradurre in esperienza i nostri asset. Prendiamo a esempio il Colosseo, una delle Sette Meraviglie del mondo, la permanenza media dei turisti all’interno è di 32 minuti, la stessa quantità di tempo medio che trascorro dal salumiere. Dovremmo incentivare la tecnologia per potenziare il racconto che facciamo di noi stessi. L’Italia deve fare uno scatto, deve passare da “sono un Bel Paese” a “sono un Paese che offre esperienze al pubblico che lo visita”. Questo è quello che succede a Fico».

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Centro Congressi Lingotto
Via Nizza 280 - 10126 TORINO

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