Il cibo made in Italy coltivato su Marte

Alla ricerca di un nuovo dna industriale, Torino ricorda di avere altre eccellenze oltre all’automotive, che ben raccontano il capitale scientifico e innovativo della città e il cui valore decisamente supera i confini urbani. Al Festival del Giornalismo Alimentare, di Torino si è parlato anche della ricerca tecnologica aerospaziale che ultimamente è in parte dedicata all’agritech: se la nuova frontiera delle missioni spaziali internazionali è Marte (forse nel 2030) e l’uomo sta seriamente considerando di tornare sulla luna (2024) è necessario trovare un nuovo modo per sfamare gli astronauti in missione. “Fino ad oggi - ha spiegato Liliana Ravagnolo di Altec Space, costola di Alenia che si occupa di space food - gli astronauti hanno mangiato cibi conservati, opportunamente trattati per resistere a missioni di otto ore, come quella di Gagarin, o di 15 giorni come quelle dello Shuttle, fino ai tre mesi necessari per gli occupanti delle stazioni spaziali. Ma la prospettiva di Marte cambia tutto, perché solo per raggiungere il pianeta rosso e tornare sulla terra sarà necessario un viaggio di circa due anni”. In attesa che si trovi il modo di coltivare orti super tech senza suolo, Altec studia macchine per stampaggio in 3d per alimenti, dotate di cartucce con diversi ingredienti, e che provvedano anche alla cottura dei piatti preparati. Intanto però la coltivazione senza suolo è oggetto di studio da parte di Thales Alenia Space, che ha recentemente progettato e realizzato una serra in Antartide per questo particolare genere di coltivazione: Eden ISS. L’Antartide è usata come banco di prova per lo spazio perché presenta spiccate analogie ambientali con le stazioni spaziali: Eden ISS è una serra che simula la possibile coltivazione in orbita, con spazi ristretti, necessità di isolamento dall’esterno e attenzione al rischio di contaminazione microbiologica. Un esperimento, quello di Eden Iss, i cui risultati stanno facendo scuola in tutto il mondo.