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La chimica in agricoltura: tra fake news e corretta informazione

La chimica in agricoltura: tra fake news e corretta informazione

L’impiego di prodotti chimici in agricoltura ha iniziato a diffondersi a partire dalla seconda metà del XX secolo. Sul piano della qualità e della sicurezza per la salute e l’ambiente, si è visto un costante e progressivo miglioramento degli stessi che si è riflesso in un aumento della produzione e un parallelo abbassamento del rischio per l’ambiente e per la salute dei cittadini.

La cosiddetta “rivoluzione verde” negli ultimi 50 anni ha visto l’ingresso e l’uscita dal mercato di numerosi prodotti, sia per motivi legati alla scadenza del brevetto sia perché ne veniva messa in dubbio l’innocuità. E proprio sull’innocuità di alcuni prodotti ci sono state numerose dichiarazioni e successive smentite da parte della comunità scientifica, ma non sempre la comunicazione sui media ha saputo seguire il dibattito e trasferirne le corrette conclusioni al consumatore finale.

Fake news, passaparola, sentito dire, opinioni personali, sensibilità verso i temi della sostenibilità hanno spesso influenzato e reso opaca la percezione relativa alla sicurezza dei prodotti chimici, soprattutto se afferenti al mondo delle coltivazioni. Prova ne sia che un recente sondaggio richiesto dalle autorità sanitarie europee circa il rischio percepito dai consumatori è emersa una graduatoria smentita dalle evidenze scientifiche. Nella scala di rischio, infatti, gli intervistati hanno indicato al primo posto i contaminanti chimici (pesticidi), mentre le statistiche hanno dimostrato che il principale fattore di rischio per l’uomo resta la malnutrizione.

Da queste premesse è partito il panel “La chimica in agricoltura: è possibile una corretta informazione?”, a cui hanno partecipato il professore Aldo Ferrero (Università di Torino), Maria Lodovica Gullino (giornalista di Agroinnova e ricercatrice Università di Torino), Ivano Valmori (Direttore di Agronotizie)e Pietro Paganini (Competere.eu), moderati dal giornalista Massimo Agostini.

Al panel i relatori si sono detti concordi sul fatto che chi fa comunicazione scientifica debba sia diversificare le fonti sia evitare titoli roboanti e allarmistici, ricordando sempre al consumatore che ogni agro farmaco che arriva sul mercato ha superato studi sulla valutazione del rischio della durata di dieci anni.

 

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