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Radunanza, La Gazzetta del Gusto "Dopo il covid vinceranno le notizie"

Radunanza, La Gazzetta del Gusto "Dopo il covid vinceranno le notizie"

Fin dalla sua nascita sei anni fa, La Gazzetta del Gusto, di cui Enzo Radunanza è fondatore e direttore, si è concentrata soprattutto sulle nicchie agroalimentari. Durante la pandemia la scelta precisa è stata di puntare su argomenti che facessero distrarre, sul racconto di persone e territori, su ricette e storia del cibo per tenere compagnia ai lettori e alleviare la tensione. Lo scorso novembre è stato organizzato, con molto successo, il primo corso di comunicazione enogastronomica di cui è già in preparazione seconda edizione. Il futuro della comunicazione? Un sempre maggiore avvicinamento alle realtà di cui si vuole raccontare, per arrivare a uno storytelling più efficace costruito attraverso l’esperienza e l’emotività: essenziali per la conoscenza e la successiva narrazione soprattutto nel settore enogastronomico.

Come avete affrontato con La Gazzetta del Gusto questa pandemia e la conseguente grande difficoltà nel settore ristorativo? Avete in qualche modo modificato la vostra consueta narrazione? Avete realizzato qualche iniziativa particolare per raccontare questo periodo?

«La pandemia non ha cambiato molto il nostro lavoro, La Gazzetta del Gusto ha continuato a informare e intrattenere. Sicuramente, con i ristoranti chiusi e nessun evento in presenza da commentare, è stato più difficile individuare contenuti originali e che non fossero concentrati solo sul Covid-19. Abbiamo scritto di qualche iniziativa di delivery o di eventi online ma, come direttore, mi è sembrato giusto non indugiare su questi aspetti perché non saremmo riusciti a scrivere di tutte le realtà. Ho preferito anche evitare i “bollettini medici” o di divulgare ogni comunicato stampa delle associazioni di categoria che criticavano le iniziative del Governo; pur ritenendo importanti le ragioni di tutti, ci sono testate di informazione che lo fanno in modo più completo e capillare di quanto saremmo riusciti a fare noi. Ci siamo concentrati, invece, su argomenti che facessero distrarre, sul racconto di persone e territori, su ricette e storia del cibo per tenere compagnia ai lettori e alleviare la tensione. Inoltre a novembre abbiamo tenuto, con molto successo, il nostro primo corso di comunicazione enogastronomica di cui stiamo preparando la seconda edizione.».

Dal tuo punto di vista di giornalista del settore, come hanno modificato la comunicazione le aziende del food e della ristorazione in questo periodo? Ci sono iniziative che vi hanno colpito particolarmente e che avete voluto mettere in evidenza?

«Se escludiamo gli appuntamenti online e sui social, non ho riscontrato un grande cambiamento nelle modalità di comunicazione. Sicuramente c’è stata una riduzione degli investimenti in tal senso ma le grandi aziende hanno continuato a farsi sentire, insieme ad alcune piccole realtà che hanno intuito quanto sia opportuno restare visibili proprio in questi momenti bui per raccoglierne i frutti in seguito. Onestamente ho notato poche idee originali e gli eventi a distanza hanno rappresentato, piuttosto, una necessità a cui il pubblico inizia a mostrare disaffezione, forse per il bisogno di tornare ad una vita normale. Ci sono state, però, iniziative interessanti di alcune cantine o Consorzi (come l’IMT Istituto marchigiano di tutela vini) che hanno inviato i vini a casa dei giornalisti per coinvolgerli in degustazioni online. L’ho trovata un’efficace modalità di coinvolgimento, durante la quale si sono create occasioni di confronto per fare domande ed esprimere opinioni su basi concrete.»

I vostri lettori come hanno reagito? Avete notato una maggior sensibilità a determinati temi legati al mondo del food? C’è stato, secondo voi, un incremento di attenzione nei confronti di questo settore?

«La Gazzetta del Gusto ha uno zoccolo duro di lettori affezionati che, per fortuna, non sono venuti meno durante la pandemia, anzi sono aumentati. Probabilmente la nostra forza è di affrontare tanti argomenti diversi, ovviamente sempre riguardanti il mondo del cibo e del vino. Il 25 aprile scorso il giornale ha compiuto 6 anni e, fin dall’inizio, abbiamo scelto di non raccontare solo i grandi eventi, le grandi aziende o i ristoranti stellati ma andiamo alla ricerca di storie e personaggi poco conosciuti ma che abbiano passione e questo ci ha subito premiato. La gente è incuriosita dal piccolo panificio artigianale di famiglia oppure dalla cantina di nicchia che privilegia la qualità dei suoi vini piuttosto che puntare sui grandi volumi, dallo chef che cucina a casa dei clienti con una proposta personalizzata o dal consulente che aiuta i ristoranti a funzionare meglio. Sono esempi importanti per chi sogna di fare questo lavoro.»

Dopo la pandemia, e quando finalmente si potrà parlare davvero di ripartenza, come cambierà la comunicazione in ambito food? Quali canali dovrebbero essere privilegiati e quali avranno fatto il loro tempo?

«Non so se cambierà la comunicazione enogastronomica, la comunicazione nel complesso era già mutata prima del Covid-19. Sicuramente dovrà essere sempre più integrata e basarsi su tutti gli strumenti oggi disponibili, da quelli tradizionali all’universo digitale, che è sempre più complesso, ma gli uni non sono meno importanti degli altri. Accanto alla competenza di chi tratta determinati argomenti, purtroppo non sempre presente, sono fondamentali i social media, il web, il digital marketing ma non si può prescindere dall’autorevolezza della “notizia”, dalle pubbliche relazioni, dalla carta stampata e dalle persone. Soprattutto in un settore come quello dell’enogastronomia e dei viaggi l’esperienza e l’emotività sono essenziali per la conoscenza e la successiva narrazione. Dal lato degli addetti stampa, non è più proponibile la consueta modalità di divulgare, con insistenza, comunicati impersonali e massivi, “con preghiera di cortese pubblicazione”. Si pretende che i giornali lavorino per dare visibilità alle aziende senza alcun contatto con quelle realtà e, invece, giornalisti e blogger vanno coinvolti attivamente e, se necessario, condotti sul posto per sperimentare ciò di cui sono chiamati a scrivere: solo in questo modo potranno fare uno storytelling attendibile, per un pubblico che percepisce la genuinità e qualità del contenuto. Aggiungo che, per chi scrive sul web, il contenuto è fondamentale anche per i motori di ricerca che richiedono qualità e originalità; non si può non tenerne conto».

Hai in cantiere qualche progetto futuro che ci vuoi anticipare legato alla Gazzetta del Gusto o più in generale alla tua vita professionale?

«Nel nostro gruppo le idee e i sogni non mancano e alcuni sono diventati progetti concreti. Tra questi, c’è “Un futuro da Chef- Brigate del cuore”, un progetto sociale lanciato nel 2019 per creare opportunità di formazione, inclusione e autonomia per persone con disabilità intellettive (Sindrome di Down e Autismo, ma non solo). Dopo 4 eventi nell’ambito della cucina, della caffetteria e del bartending, la pandemia ci ha bloccato ma da qualche settimana stiamo già lavorando a nuovi appuntamenti che saranno davvero interessanti. Inoltre lanceremo, su Instagram, la prima “Social series” a fumetti con personaggi che hanno le sembianze di prodotti agroalimentari antropomorfizzati. Le loro vicende serviranno a raccontare, in modo divertente, le tipicità italiane e talvolta anche a segnalare importanti tematiche dell’agroalimentare. Saranno anche protagonisti di una “Capsule collection” firmata da La Gazzetta del Gusto con una linea di abbigliamento e accessori per la casa a produzione limitata. Queste novità vanno ad aggiungersi al mio lavoro di giornalista e addetto stampa nell’agenzia DoppioQuarto che si occupa di comunicazione integrata per dare visibilità a piccole e medie imprese del Food& Wine con strumenti tradizionali e di digital marketing».

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