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Roberta Garibaldi: "Ripartiremo solo con i turisti italiani"

Roberta Garibaldi: "Ripartiremo solo con i turisti italiani"

Di Stefano Bosco

Roberta Garibaldi è una delle più importanti esperte di turismo enogastronomico, membro del board di ricerca e ambasciatore per l’Italia della World Food Travel Association e nel Board del World Gastronomy Institute. Coordinatrice del report sul turismo enogastronomico italiano è anche una dei relatori del Festival del Giornalismo Alimentare.

Abbiamo chiesto a Roberta Garibaldi, in questa fase d’emergenza e in continuo divenire, come devono comportarsi le realtà food & wine per rilanciarsi e attirare il turismo verso le proprie destinazioni.

Secondo lei allo stato attuale come devono comportarsi le aziende enogastronomiche in un’ottica di ripartenza e di rilancio del turismo?

«Quello che stiamo vivendo è senza dubbio un anno zero e allo stato attuale non è facile neanche prevederne l’evolversi e la conclusione. Ritengo che, in un’ottica di ripartenza, le aziende del food & wine debbano sfruttare questo periodo per svolgere un lavoro di progettazione e analisi, per rilanciarsi e riorganizzare la propria offerta. Devono focalizzarsi, in particolar modo, sui prossimi mesi estivi, pensando a una situazione completamente diversa rispetto agli anni passati.

Ritengo che, con le dovute accortezze, il turismo enogastronomico, così come il turismo rurale, siano infatti tra gli ambiti che potranno funzionare bene. Sarà sicuramente un turismo di prossimità e quindi prevalentemente italiano con qualche speranza, soprattutto per le realtà del nord Italia, di eventuali scambi turistici con i paesi confinanti e vicini. Sicuramente sarà importante promuovere i viaggi in Italia per portare ricchezza al nostro Paese.

Quali possono essere gli strumenti da adottare?

«Come dicevo, bisogna rivedere un po' le experience in modo innovativo e fantasioso, sfruttando in modo corretto le nuove tecnologie. Per un certo periodo rimarrà la problematica del “mantenere le distanze” e pertanto saranno sicuramente più agevolati i luoghi con spazi aperti, in montagna o nelle zone rurali. Ugualmente bisognerà dare la precedenza a tour individuali rispetto a quelli di gruppo, che andranno per forza di cose rivisti. E allora perché non studiare ad esempio dei supporti per favorire percorsi in autonomia?

Penso all’azienda vinicola Chiarlo, che organizza percorsi individuali nei vigneti con le opere d’arte. O la Maison di Champagne Pommery che ha sviluppato una app per far visitare le proprie gallerie sotterranee. Bisognerà studiare strade alternative, ma non per questo meno interessanti e creative, come per esempio pic-nic nei vigneti suddivisi in gruppi o attività artistiche o sportive che contemplino, naturalmente, anche l’aspetto enogastronomico.

Ugualmente ci sono tante altre tecnologie da implementare per favorire le degustazioni digitali, per far vivere l’esperienza al di fuori della cantina e del luogo di produzione. Penso alle degustazioni guidate tramite gli smart speaker come Alexa, oppure ai qrcode presenti nelle etichette delle bottiglie di vino o nei prodotti gastronomici che rimandano ai video presenti sul sito dell’azienda. E, ancora, le living labels e le chatbot. Sono tutte iniziative di narrazione che sfruttano la realtà virtuale per proporre degustazioni e che potranno avere un loro valore di supporto anche in futuro, quando si tornerà alla normalità».

Quali sono le scelte di comunicazione migliori per le aziende enogastronomiche che non vogliono perdere quote di turisti? 

«In questo periodo così in divenire, dove le informazioni e di conseguenza la percezione della situazione e del futuro cambiano di settimana in settimana se non addirittura di giorno in giorno, è difficile sapere quale sia il comportamento corretto. Dopo una prima fase in cui era necessario fermarsi e sarebbe stato fuori luogo proporre comunicazioni turistiche legate all’enogastronomia, penso che in questo momento le persone abbiano voglia di sognare, di far ripartire la testa e di rivivere le belle esperienze passate nel food & wine con l’intenzione di ritornarci. Per questo penso che sia il momento di una comunicazione esperienziale. Le aziende possono così creare un canale comunicativo con i loro clienti, chiedendogli di ricordare le esperienze passate e rafforzare i legami. Creare ad esempio una sorta di “wine club” o proporre acquisti di prodotti enogastronomici comprendendo, nel pacchetto, nuove experience che si potranno vivere in un secondo momento».

E i media che si occupano del settore?

«Ugualmente anche i media che si occupano di turismo enogastronomico possono proporre belle storie per far sognare i propri lettori. E, in futuro, quando si potrà tornare a viaggiare anche se con le dovute cautele e restrizioni, impostare la propria informazione presentando quelle realtà che permettono un turismo di prossimità e in totale sicurezza».

Quali iniziative sta portando avanti lei per supportare le aziende del food & wine?

«In questo periodo sto portando avanti i Dialoghi sul turismo enogastronomico. Un insieme di webinar sul tema per incontrare virtualmente produttori e appassionati e per mantenere aperti, anche a distanza, i flussi di informazioni e idee, scambiandoci opinioni e buone pratiche.  La considero un’occasione per vivere proattivamente questa situazione, progettare il futuro e restare aggiornati, per formarsi, arricchirsi e trovare nuovi spunti e stimoli. Possiamo fare tutti un investimento, capitalizzando il nostro tempo per trasformare le idee in momenti di crescita e approfondimento. Ho poi in cantiere un altro progetto finalizzato ad aiutare in modo concreto e costruttivo le aziende del food & Wine a fare progettazione di nuovi servizi e processi e riorganizzare le experience».

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