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Carrassi, Assitol, "Olio d'oliva e lieviti continueranno a crescere"

Carrassi, Assitol, "Olio d'oliva e lieviti continueranno a crescere"

Andrea Carrassi, è direttore di Assitol, l’Associazione italiana dell’industria olearia e dei lieviti di Confindustra, due settori che hanno in sé l’immagine stessa del made in Italy alimentare e che hanno aumentato le vendite con la crescita del mangiare a casa da parte degli italiani.

Da osservatori privilegiati come sta cambiando il settore dell’olio? Come si orienteranno i consumatori dopo la pandemia? Cosa resterà delle abitudini nate in questi lockdown?

«La pandemia ha quasi obbligato gli italiani a riscoprire il piacere del buon cibo, declinato però tra le mura domestiche. Una riscoperta in ambito familiare, che ha coinvolto direttamente la nostra tradizione enogastronomica, prima durante il lockdown più duro, poi nella fase successiva della pandemia. Tutti abbiamo cercato di alleviare l’angoscia e la noia del continuo susseguirsi di chiusure e riaperture mettendoci ai fornelli. A sorpresa, cucinare si è rivelato uno stimolo alla riflessione: spadellando, impastando, friggendo, abbiamo posto più attenzione a ciò che normalmente mettiamo in tavola e in dispensa, all’alimentazione quotidiana dei nostri figli, alla spesa nei negozi o al supermercato. Più che mai, mangiare è diventato uno strumento di benessere e questo ha influenzato anche i consumi. Basti pensare all’olio extra vergine d’oliva, che ha visto aumentare del 6% le sue vendite nel 2020 e che ora vive una seconda giovinezza, sia sul mercato interno sia all’estero.

L’altra grande riscoperta è quella del pane e dell’ingrediente che gli dà vita, ovvero il lievito. Oltre al gesto terapeutico di fare il pane con le proprie mani, l’italiano ne ha riscoperto il gusto, meglio se legato alla tradizione. A differenza del passato, però, le scelte alimentari sono diventate più etiche. Di qui, l’importanza dei prodotti sostenibili, il ritorno ai pani locali, la riscoperta della Dieta mediterranea, di cui l’olio extra vergine è il primo segno distintivo. Inoltre, la ritrovata fiducia nei negozi di prossimità ha garantito ai consumatori di poter verificare direttamente le modalità di vendita e persino di confezionamento dei prodotti».

Quali saranno gli aspetti strategici su cui puntare con il ritorno alla normalità?

«Benessere, sostenibilità, asporto, ruolo dei social erano tendenze in parte già presenti prima del Covid, tendenze che la pandemia ha rafforzato. Quello che cambierà sarà il luogo di consumo. Dopo mesi di pasti in casa e di lunch box predisposte prima di andare al lavoro, la voglia di uscire sarà fortissima. Sul pane assisteremo al rilancio dei bakery bistrot, il panificio-caffetteria che serve pane, dolci e prodotti da forno a tutte le ore, dalla colazione all’aperitivo. La pandemia porta a preferire fin d’ora gli spazi aperti, mentre il menù digitalizzato sta diventando una costante. La normalità, insomma, ci condurrà sempre più fuori casa. L’Horeca, il grande assente dei mesi passati, sarà centrale, a patto di interpretare al meglio sia la voglia di convivialità sia la modalità digitale. In tal senso, la ripartenza dovrà tenere conto di un’altra tendenza emergente nel pre-Covid, vale a dire il turismo gastronomico. A nostro avviso, il legame tra cibo e territorio può rappresentare un volano di sviluppo, in un Paese straordinario come il nostro che conta su un paesaggio invidiabile e su un patrimonio di sapori unico al mondo.

Quali saranno le aspettative dei consumatori rispetto alla comunicazione delle aziende? Cosa vorranno conoscere del prodotto?

«Negli ultimi anni, i consumatori hanno acquisito maggiore consapevolezza di quanto si scrive in etichetta. Ci attendiamo quindi che l’attenzione sul tema resti alta. Quindi, il mercato premierà etichette sempre più chiare e comprensibili. Oltre agli ingredienti salutari, gli italiani sono sempre più interessati dalla sostenibilità, che dovrà essere spiegata in etichetta e “dimostrata” dal packaging proposto. Va sottolineato come le aziende siano molto impegnate sia nella comunicazione, sia sulla sostenibilità, che è un percorso complesso e non facilmente sintetizzabile in poche righe di etichetta. Molte produzioni del nostro agroalimentare seguono il modello dell’economia circolare. Vale per gli oli d’oliva, ma anche per la filiera del pane e per lo stesso lievito.

Assitol, al riguardo, ha dichiarato la sua opposizione al Nutriscore, che non comunica esattamente, anzi, rischia di danneggiare prodotti di grande salubrità come l’olio extra perché non fornisce informazioni oggettive ai consumatori ma si limita a giudicare i prodotti, tra buoni e cattivi, secondo un algoritmo francese».

Quali saranno i canali da privilegiare per la comunicazione da parte delle aziende verso i consumatori?

«L’azienda alimentare moderna oggi non può fare a meno dei social, vetrina essenziale per vendere e farsi conoscere, ma ha anche bisogno di una narrazione approfondita. Ecco perché occorre orientarsi su un mix di media, che, accanto ai social network, vede ancora centrale il ruolo dei giornali tradizionali e della stessa televisione. Ovviamente, messaggi e obiettivi cambiano, a seconda della necessità e della tipologia di azienda. Lo stesso mondo social è in continua evoluzione: ad esempio Facebook dai giovanissimi è visto come qualcosa di “vecchio”. Conta dunque moltissimo il pubblico al quale ci si rivolge. Inoltre, tutto tende ad ibridarsi: la tv, oggi, è anche sul web, si può rivedere più volte. Le stesse pubblicità hanno una loro vita sui canali di YouTube.

In questo filone, Assitol cerca di sostenere le aziende associate nel racconto dei diversi settori merceologici che rappresenta e tutela, cercando di suscitare l’attenzione dei media sui problemi e sui risultati del settore. Siamo da sempre per la comunicazione positiva, “pro” e non “contro”».

Ci parla dei vostri progetti per comunicare verso i consumatori? Come pensate di promuovere in Italia e all'estero i prodotti che rappresentate?

«Assitol ha sempre dato grande rilevanza ai progetti di informazione-formazione, sia con i consumatori sia con gli operatori. Dopo il Covid, vorremmo ripartire proprio da qui, impegnandoci nella costruzione della cultura dell’olio d’oliva. Gli italiani amano questo prodotto straordinario, ma ne sanno molto poco e spesso non sanno nemmeno conservarlo correttamente. Non a caso una delle nostre prima iniziative ha riguardato la Guida alla corretta conservazione dell’olio extra vergine d’oliva, vademecum stilato in collaborazione con l’Unione consumatori, scaricabile anche online https://www.assitol.it/guida/. Vorremmo continuare su questa strada, avvalendoci anche dei social media, che sono un mezzo di comunicazione imprescindibile per la divulgazione.

A nostro avviso, ci sono poi altri due filoni importantissimi. Innanzitutto, la ristorazione, che non ha ancora imparato a valorizzare l’extra vergine nel quadro della buona cucina, relegandolo al ruolo di semplice condimento. Ci piacerebbe ripetere il percorso del vino, che proprio al ristorante ha trovato un canale di comunicazione privilegiato. L’idea è di formare gli operatori in modo tale da trasformarli in “ambasciatori dell’extra vergine”, costruendo con loro una narrazione che sia non soltanto utile alle aziende olearie, ma remunerativa per gli stessi ristoratori. Del resto, siamo abituati a pagare l’acqua, perché non l’extra vergine? Il punto è che anche l’olio d’oliva, come il vino, va spiegato, raccontato e poi assaggiato, accompagnando il cliente alla scoperta del prodotto, che spesso è legato al territorio. Lo stesso obiettivo riguarderebbe il cestino del pane fresco artigianale, ripensato per venire incontro alle esigenze della ristorazione. Oltre a formare i ristoratori avviati, potrebbe essere interessante coinvolgere le scuole alberghiere.

Infine, pensiamo da tempo ad un grande progetto di formazione nelle scuole sulla sana e corretta alimentazione, basato sulla promozione di quella che riteniamo la “merenda della salute”, ovvero pane fresco artigiano ed olio extra vergine d’oliva. Il progetto esiste già, si chiama “Pane&Olio” e vorremmo portarlo nelle aule scolastiche. È ormai risaputo che l’educazione alimentare deve cominciare da bambini. Inoltre, negli anni abbiamo organizzato parecchi eventi dedicati a questo spuntino tradizionale, che tutti amano, a qualsiasi età. Guidare i ragazzi a partire da questa pietanza, per poi indirizzarli verso la Dieta mediterranea, avrebbe grande valore di promozione culturale e sociale».

Quali sono le vostre richieste rivolte alla politica per migliorare l'informazione e la consapevolezza del consumatore?

«Le iniziative sulla corretta alimentazione hanno bisogno del sostegno delle istituzioni. Sarebbe del resto impossibile organizzare “Pane&Olio” a scuola senza l’appoggio della controparte ministeriale. Chiediamo quindi supporto in tal senso. Siamo abituati a lavorare con tutti, senza preclusioni ideologiche, a patto di realizzare progetti seri con risultati tangibili. Inoltre, sarebbe opportuno coinvolgere l’intera filiera olivicolo-olearia, dando voce a tutte le sue anime.

Alla politica, chiediamo inoltre di fare chiarezza sull’uso e, dovremmo dire, abuso, dei claims. Molte delle fake news che proliferano sul web si legano ai claims, in particolare al modello di alimentazione “senza” questo o quell’ingrediente. Al contrario, sarebbero da preferire quelli “con”, decisamente più chiari e meno soggetti a mistificazioni. L’obiettivo delle dichiarazioni in etichetta, è bene ricordarlo, deve essere quello di orientare le scelte, non di confondere il consumatore denigrando altri prodotti o altri ingredienti spesso per fini commerciali».

 

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