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LA CANDIDATURA DELLA CUCINA ITALIANA A PATRIMONIO DELL'UMANITÀ

LA CANDIDATURA DELLA CUCINA ITALIANA A PATRIMONIO DELL'UMANITÀ

La cucina italiana Patrimonio Mondiale dell'Umanità? Un'idea suggestiva, presentata oggi al Festival del Giornalismo Alimentare, in un panel a cui hanno preso parte Maddalena Fossati Dondero, Direttrice dello storico mensile La Cucina Italiana, Laila Tentoni, Presidente Casa Artusi, Giovanna Frosini, docente di Storia della lingua italiana e Accademica della Crusca, Silvia Sassone, CEO SpoonGroup, con il moderatore Angelo Mellone, Vicedirettore di RAI 1. Tutto è nato durante il lockdown, quando Maddalena Fossati Dondero ha iniziato a intervistare ogni giorno in diretta i grandi cuochi, «per la prima volta nelle loro case. Raccontavano le ricette che stavano preparando per i pasti in casa ed è stato come se la cucina alta e quella domestica si fossero ricongiunte intorno a uno stesso focolare. Di lì, è nata quest'idea, un po' sparpagliata e incosciente, di candidare la nostra cucina a Patrimonio Immateriale dell'UNESCO». Ad accompagnare il progetto, la decisione di far dirigere ogni numero del suo mensile da un grande cuoco, iniziando da Massimo Bottura (ma sono già stati direttori anche Davide Oldani e Carlo Cracco), affinché offrisse la propria visione della cucina italiana.

Il comitato scientifico, già al lavoro per presentare la candidatura all'UNESCO (tra i suoi membri ci sono, tra gli altri, Roberta Garibaldi, Presidente dell'Associazione Italiana Turismo Enogastronomico, Laila Tentoni, Presidente di Casa Artusi, Giovanna Frosini, Docente di Storia della lingua italiana, Accademica della Crusca, Massimo Montanari, Docente di Storia Medievale e Storia dell'alimentazione all'Università di Bologna), ha davanti una bella sfida. La prima è dare una definizione alla cucina italiana, ovvero trovare i valori universali e comuni tra le diverse cucine territoriali. Per questo viene in soccorso Giovanna Frosini: «La lingua del cibo è fortemente identitaria, ci sono testi che tramandano la cucina e spiegano la molteplicità delle realizzazioni locali. Potremmo dire che il rapporto tra la preparazione dei piatti del territorio e la loro dimensione nazionale è lo stesso che c'è tra il dialetto e la lingua italiana. Parole come tortellini o gianduiotto hanno una lunga storia che le trasforma da parole locali in nazionali, adottate dall'italiano. Si pensi alle varietà del pane o del nome dei dolci, da cui sono poi arrivati proverbi, che ci dimostrano come la lingua del cibo sia parte della nostra cultura: "buono come il pane", "rendere pan per focaccia", come sa di sale lo pane altrui". Come la lingua, anche la cucina italiana deve essere vista come un grande mosaico, in cui ogni tessera ha un proprio valore, ma è solo l'unitarietà a mostrare il disegno finale».

E il filo comune, i valori universali che il dossier deve presentare all'UNESCO possono essere trovati grazie al genio di Pellegrino Artusi, il primo a riconoscere l'idea di una cucina italiana: «Lui scopre la pasta come primo piatto e dà le indicazioni affinché sia al dente ed è lui a insegnare l'abitudine al bello, che diventa buongusto attraverso la pratica e la leggerezza. Nella nostra cucina c'è una bellezza che va rappresentata e tutelata» ha detto Laila Tentoni, presidente di Casa Artusi.

La candidatura richiede un percorso coerente e continuo, ha ricordato Silvia Sassone: «Bisogna sintetizzare nelle poche pagine del dossier il senso della candidatura, i valori che si vogliono tutelare e bisogna aver chiaro che il riconoscimento UNESCO non è il punto di arrivo, ma di partenza. È da quel momento che bisogna mantenere le promesse, perché l'UNESCO può togliere il riconoscimento. Adesso siamo impegnati a lanciare una call-to-action, anche dal Festival del Giornalismo Alimentare, perché siamo convinti che una candidatura dal forte valore culturale dev'essere comunitaria, dev'essere fonte di orgoglio e di azione da parte della cultura che la esprime».

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