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#Ripartiamoinsieme, Francesca Romanini: Dovremo essere più versatili

#Ripartiamoinsieme, Francesca Romanini: Dovremo essere più versatili

Francesca Romanini, nel Gruppo del Festival, fa parte dell’ufficio stampa.

È specializzata in PR e uffici stampa con una clientela dove prevale il settore food e quello teatrale.  

Con quali idee o scelte stai provando ad affrontare nuove opportunità telematiche, promozione e comunicazione e i rapporti con i clienti durante questo lockdown?

«Per quanto riguarda le iniziative, parlerei soprattutto di idee più che di scelte, poiché ogni proposta non è una vera e propria decisione ma un tentativo che domani potrebbe essere modificato in modo strutturale.

Per quanto riguarda la comunicazione delle organizzazioni con cui sto continuando a lavorare sicuramente è cambiato il target. Come insegna il decalogo del buon comunicatore, prima veniva definito un preciso gruppo di destinatari – che fossero clienti o semplici fruitori – e il messaggio veniva elaborato in funzione di questa specifica categoria. Adesso noto che questa regola aurea, in modo forse inconsapevole, si è incrinata. La comunità a cui concretamente ci si rivolge è più ampia e meno netta poiché comprende una fetta di coloro che prima non interessava raggiungere, perché distanti fisicamente o idealmente. Adesso il target è molto più fluido e soggetto a potenziali mutazioni. Per quanto riguarda le iniziative vere e proprie, ho notato che adesso vengono maggiormente elaborate in funzione della creazione di una risorsa collettiva, più che di una promozione più o meno esplicita».

Secondo te che cosa deve aver insegnato al Paese questa emergenza? Quali opportunità sta facendo emergere?

«Nella sterminata quantità di insegnamenti che l’emergenza Covid ci ha dato l’opportunità di cogliere, uno dei più attinenti alla mia professione: l’importanza di un rapporto autenticamente deontologico fra governo/istituzioni e mondo dell’informazione. Il lockdown, e la conseguente impossibilità di verificare con i propri occhi cosa accadesse fuori casa, ha evidenziato quanto sia fondamentale garantire un elevato livello di professionalità e senso civico all’interno delle redazioni, tanto di testate nazionali quanto di emittenti locali. Fenomeni come l’esodo in massa dal Nord alla vigilia del DPCM che sanciva l’estensione della zona rossa a tutta la Penisola, sensazionalismi sullo stato di diffusione del virus, parzialità nella rappresentazione dei dati, spazio mediatico alla criminalizzazione dei singoli (runner o famiglie) piuttosto che a fatti collettivamente pericolosi (il corteo al funerale del fratello del boss a Bari), ha contribuito a creare un ambiente comunicativo oltre che inutile anche dannoso. Il mondo dell’informazione deve tornare a sentire la responsabilità di educare il cittadino alla corretta interpretazione della realtà, poiché se vi è una comunicazione ambigua o distorta, questa si rifletterà nel comportamento della società. Anche le aziende, tanto i piccoli quanto i grandi imprenditori, dovrebbero incentivare una maggiore qualità dell’informazione, tarando in futuro le proprie iniziative e I propri messaggi in questa direzione».

Di quali aiuti o interventi strutturali ha più bisogno il vostro settore per una vera ripartenza stabile?

«Per quanto riguarda l’organizzazione di eventi pubblici in luogo chiuso (conferenze, convegni, fiere gastronomiche) è necessario fornire quanto meno alcune linee guida. Per quanto riguarda invece il mondo della cultura e dello spettacolo, settore che si rivelerà particolarmente strategico per la tenuta psicologica durante le prossime fasi, immagino utopisticamente una radicale inversione di linea. Occorre iniziare a vedere questi lavoratori come forza produttiva del Paese e vettori di ricchezza allo stesso modo delle eccellenze enogastronomiche o dell’artigianato Made in Italy, arrivando a includerli concretamente nella platea di cittadini da tutelare e supportare».

Come pensi di affrontare la ripartenza e quali idee innovative pensi di mettere in campo?

«Diversificare il portafoglio per differenziare le competenze ed essere maggiormente versatile nei confronti di un mercato del lavoro che se possibile è diventato ancora più precario».

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