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#Ripartiamoinsieme, Vercelli, Lo Stato aiuti a investire in tecnologia

#Ripartiamoinsieme, Vercelli, Lo Stato aiuti a investire in tecnologia

Clara Vercelli, giornalista, volto ben conosciuto del mondo della Tv piemontese con la sua trasmissione Area Goal, in onda su Primantenna, è vicedirettrice del Festival dove segue gli aspetti organizzativi.

Come hai vissuto l’emergenza?

«l mio modo di fare giornalismo è strettamente legato alla diretta televisiva. Da sempre conduco una trasmissione di sport e soprattutto di calcio, riferendomi principalmente alle due squadre di Torino che è la mia città. In questo difficile momento ho dovuto interrompere le trasmissioni che conduco per due imprescindibili motivi: lo sport si è fermato, in ottemperanza ai decreti speciali emanati, quindi risultava inutile parlare del nulla, seguendo unicamente le congetture di ciò che sarebbe potuto avvenire. Ma, anche trovando argomenti interessanti su cui focalizzare l'attenzione, il motivo principe che ci ha obbligati a stoppare le dirette è la grande quantità di ospiti che lo studio accoglieva. Oltre ai miei stretti collaboratori, che sono già una nutrita compagnia, abbiamo sempre incluso squadre intere anche di altri sport differenti dal calcio. Sarebbe stato veramente da irresponsabili, oltre che in contrapposizione alle regole emanate, continuare a stipare in uno studio chiuso molte persone che avrebbero potuto contagiarsi o portare al proprio domicilio il temuto virus».

Quindi niente trasmissioni in diretta Tv?

«Rimanere inattiva troppo a lungo non è nelle mie corde. Anche le istituzioni iniziano a prospettare una ripresa del campionato e, ora che si stanno iniziando a conoscere i canali di diffusione della malattia, con lo staff abbiamo studiato una strategia per poter riprendere le dirette televisive in sicurezza. Quindi, nella settimana in cui è ricorso l'anniversario dell'incidente aereo che ha cancellato in un attimo il Grande Torino, abbiamo riaperto gli studi per la prima diretta che è andata in onda l'8 maggio. Dal punto di vista tecnico ci siamo appoggiati alla tecnologia per le comunicazioni a distanza. Con pochi partecipanti presenti fisicamente in studio e tanti collegamenti a domicilio abbiamo comunque continuato a disquisire e "battibeccare" sui nostri argomenti».

Cosa cambia in questo modo di fare televisione?

«Ho trovato piacevole entrare virtualmente nelle case dei miei ospiti. Percepire le diverse atmosfere casalinghe. Trovo che diano un tocco di intimità alla trasmissione. Si conoscono più nel dettaglio il temperamento e i gusti di chi partecipa. Alcuni si sono esposti di più curandosi poco dell’immagine e restituendo una figura più casalinga, naturale. Altri hanno, invece, controllato ogni aspetto, dall’inquadratura perfetta tecnicamente, alla cura della persona. Ho apprezzato entrambe le modalità, consone alla specificità del proprio carattere. I punti deboli sono stati sicuramente i collegamenti con ognuno di loro. Purtroppo abbiamo anche noi, al pari delle grandi televisioni, dovuto confrontarci con problemi audio e video. Non tutti hanno una connessione internet performante. È stato necessario riconnettersi più volte con alcuni ospiti. In diretta questi problemi generano stress e causano ritardi nella scaletta».

Cosa ha insegnato questa pandemia e cosa si dovrebbe fare per la ripartenza?

«Sarebbe auspicabile un rafforzamento della banda larga. Lo Stato dovrebbe fornire un sostegno economico per chi deve investire in nuova tecnologia per raggiungere i telespettatori puntualmente e senza interruzioni. Purtroppo, a causa del lockdown, la stragrande maggioranza degli esercizi commerciali è stata chiusa. L’introito apportato dalle pubblicità è stato quasi del tutto azzerato. Andare avanti, per le televisioni locali, diventa veramente molto difficile».

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