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Salce, "La pandemia ha sancito il predominio dell'informazione web"

Salce, "La pandemia ha sancito il predominio dell'informazione web"

Fabrizio Salce, giornalista con tesserino italiano e svizzero, che da 25 anni si occupa di cibo e gastronomia per tv, radio e giornali le sue principali collaborazioni le ha con le Tv: Mediaset, Rai Expo, Tg2 Eat Parade e il canale svizzero Tele Ticino. Collabora anche al programma tv Agrisapori, programma settimanale trasmesso in 100 emittenti locali italiane. In radio attualmente tiene una rubrica gastronomica su Radio Latte e Miele, mentre collabora con varie testate web e cartacee generaliste e di settore, fra cui spicca la Madìa, l'Imprenditore Agricolo, Terre del Vino e Informacibo.

Con le testate con cui collabori come hai affrontato questa pandemia e la conseguente grande difficoltà nel settore ristorativo?

«Premesso che come giornalista sono operativo su più fronti, dalla Tv alla radio passando per web e carta stampata, da marzo 2020 alcuni dei lavori che svolgevo abitualmente con regolarità hanno subito una battuta d’arresto. La Tv su tutto, dal momento che le aziende non facevano più entrare troupe televisive all’interno dei locali perché temevano fosse troppo pericoloso. Anche il comparto dell’eventistica è fra quelli che hanno affrontato uno stop più lungo e drastico e per chi, come me, seguiva regolarmente manifestazioni e fiere, il blocco è stato totale con conseguenze operative ed economiche severe.

Quando è stato chiaro che la situazione non si sarebbe risolta nell’arco di pochi mesi sono riuscito a portare avanti la rubrica alla radio e ad ampliare gli articoli per il web e per alcune riviste di settore dando voce alle tante aziende, soprattutto vitivinicole, che hanno visto le richieste di prodotto calare in modo significativo o con la vendita online poco redditizia perché appena nata. La strategia che mi ha permesso di rimanere sempre operativo è stata la più semplice: parlare di territori, prodotti e ristoratori meritevoli, condendo gli articoli con l’invito al pubblico a ricordarsi quanto letto per usufruirne al meglio appena sarà possibile tornare a una situazione di maggiore normalità».

Dal tuo punto di vista di giornalista del settore, come hanno modificato la comunicazione le aziende del food e della ristorazione in questo periodo? Ci sono iniziative che ti hanno colpito particolarmente e che hai voluto mettere in evidenza?

«È stato sancito a tutti gli effetti, se ancora ce n’era bisogno, il monopolio del web sugli altri luoghi di mercato e di comunicazione: tutti, indifferentemente, si sono dovuti rivolgere al digital per promuovere il proprio lavoro. Un’iniziativa di comunicazione che ha sfruttato al meglio le possibilità di internet, con risultati sorprendenti, è stata quella messa in atto dal Consorzio della Robiola di Roccaverano Dop che ha ribaltato una situazione drammatica in una ottimale. Il Consorzio ha comunicato alla stampa che i produttori stavano buttando il latte per via della chiusura dei ristoranti e dei mercatini rionali, la parte più consistente del mercato della robiola, chiedendo cortesemente un aiuto. La risposta è stata sorprendente, testate di ogni genere, nazionali e locali, se ne sono occupate e il messaggio è stato recepito alla grande dai consumatori che si sono attivati con i gruppi d’acquisto. I produttori si sono organizzati con le consegne e l’anno 2020 si è concluso con un piccolo, ma reale, aumento della produzione. Teniamo presente che stiamo parlando di un formaggio di nicchia del basso Piemonte prodotto da solo 17 aziende familiari, non di un prodotto reperibile in tutta Italia. Il caso è stato studiato dall’Università di Torino e da quella di Milano come fenomeno di economia circolare.»

I tuoi lettori come hanno reagito? Hai notato una maggior sensibilità a determinati temi legati al mondo del food? C’è stato, secondo te, un incremento di attenzione nei confronti di questo settore?

«I lettori, così come gli spettatori della Tv e i fruitori del web, sono aumentati ma questo perché la gente è stata costretta a stare a casa. Stesso discorso per chi, avendo tempo, si è sbizzarrito in più occasioni con la cucina casalinga. Ma questo è il segnale di un passaggio storico, ancora in parte confuso, che non è solo frutto della pandemia. Da una parte ci sono tutti coloro che sono “abbonati” al delivery e che ordinano a domicilio prodotti di moda, come hamburger o il simil sushi. Dico simil perché il vero sushi è un’altra storia. La pubblicità assordante e la comodità prevalgono sul piacere di fare la spesa, cucinare e godersi il proprio operato. Non giudico nessuno: ognuno è figlio del suo tempo. Dall’altra parte, però, ci sono sempre più consumatori appassionati del buon cibo e del buon vino che chiedono notizie, che si documentano, che hanno voglia di un’informazione sana e “gustosa”. Questo non è solo una conseguenza del lockdown e della grande quantità di tempo che, da un anno a questa parte, trascorriamo in casa È il risultato di decenni di lavoro, di chi negli ultimi anni ha comunicato con passione e serietà le filiere produttive. Solo 25 anni fa, quando io ho iniziato ad occuparmi di agricoltura ed enogastronomia, parlare di un salume in Tv era squalificante: non dimentichiamolo».

Dopo la pandemia, e quando finalmente si potrà parlare davvero di ripartenza, come cambierà secondo te la comunicazione in ambito food? Quali canali dovrebbero essere privilegiati e quali secondo te hanno fatto il loro tempo?

«Premetto che il web non è da considerarsi un media ma un mondo. Partendo da questa considerazione, sono comunque sicuro che non siamo ancora arrivati al momento di privilegiare un canale, che sia la Tv o i social. Ci arriveremo con il tempo, oggi nella comunicazione è ancora necessario seguire la strada dell’omnicanalità. È invece importantissimo distinguere fra buona e cattiva comunicazione. È importante offrire contenuti attendibili, informazioni vere, serie e verificate. C’è bisogno di giornalisti e comunicatori che vadano a cercare le notizie, che si documentino con curiosità e amor di conoscenza. Questo perché i clienti reali del web cercano notizie vere, articoli interessanti e fonti verificate. In una parola: contenuti. Un post o un’inserzione che sia solo divertente, emozionale o esteticamente bella non sopravvive sul lungo termine. Proprio in questi mesi abbiamo capito molto bene che il virtuale non è il reale. Ciò che all’inizio della pandemia sembrava l’alternativa, un mondo di relazioni ed esperienze online, ci ha già stufato e, soprattutto, si è capito che non ci piace poi tanto. La rete ha una valenza straordinaria ma deve essere sfruttata intelligentemente altrimenti si rischia che veicoli solo la superficialità e le banalità, cioè il lato negativo della semplificazione».

Hai in cantiere qualche progetto futuro che ci vuoi anticipare?

«In questo periodo parlare di progetti futuri non è semplice. Il progetto più vero è che ho ancora voglia di lavorare, di apprendere, di comunicare. Ho ancora voglia di scoprire territori e prodotti che non conosco, di incontrare nuove persone, di confrontarmi e di crescere, anche se non sono più un ragazzo. Ho la speranza che le cose possano tornare alla normalità, per la vita di tutti e per il mio lavoro. Vorrei, ancora per qualche anno, tornare a seguire gli eventi, da quelli più grandi a quelli più piccoli e con i servizi Tv, la mia passione più grande. Mi piacerebbe vedere e sentire le nuove generazioni parlare di agricoltura e di cibo con la stessa passione e curiosità che ho avuto io e che hanno avuto anche tanti colleghi ormai non più giovani come il sottoscritto. Ricordate che senza informazione non c’è comunicazione e senza comunicazione non c’è vita. Purtroppo non l’ho scritto io ma uno dei più grandi scrittori italiani del 1900: Primo Levi».

 

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